Pagine

mercoledì 30 marzo 2011

Brutale

Michele era stato contattato telefonicamente. Una voce contraffatta gli aveva promesso soldi. Molti soldi. Per averli avrebbe dovuto fare qualcosa di illegale, di sporco, di violento.
Non era un santo, non lo era mai stato. A 14 anni Michele aveva scontato un anno e quattro mesi per furto, a 16 era ancora in riformatorio, di nuovo nei guai per il suo caratteraccio violento. Poi era stato tutto un susseguirsi di lavoretti più o meno legali, risse, droga, spaccio. Ora di anni ne aveva 28 e da qualche tempo era pulito. Merito forse della relazione con questa nuova ragazza o del fatto di aver trovato finalmente un lavoro stabile, chi lo sa. Ma era pulito, davvero.
L'onestà però rendeva sicuramente meno e la coscienza di Michele venne messa da parte, di fronte al numero di banconote dentro la busta che ricevette quella mattina. Avrebbe dovuto farlo stasera così c'era scritto in quel bigliettino stampato. Poche righe di istruzioni e un'ultima frase.
-Se vuoi il resto dei soldi non rovinarle il viso, non menomarla, non ucciderla.-

La chiave è proprio lì, dove doveva essere.
Michele apre piano la porta, nessun rumore. Nella poca luce che filtra dalle finestre scorge un ambiente ordinato, pulito. Candido.
-...la terza porta è la camera da letto.- c'era scritto.
Lei dorme. E' bella. E' giovane. Ha il viso di una bimba. Dolce.
Lui si sente un verme.
Lei sospira, si muove nel sonno e la maglietta lascia intravedere i seni gonfi che premono sul tessuto, mentre una coscia nuda fa capolino dalle lenzuola. Lui si scopre eccitato, più eccitato di quanto vorrebbe.
Si avvicina.
Lei apre gli occhi...
E' poi è solo istinto. Istinto animale.
L'agguanta per i capelli.
Lei urla.
-Stai zitta puttana.-
E' alta, ma magra.
Con poco sforzo, sempre tenendola per i capelli, la sbatte giù dal letto.
Atterra violenta su un fianco, stordita cerca di rialzarsi.
Ma le mani di Michele sono ancora impigliate tra i suoi capelli e lei si ritrova di nuovo distesa.
-Ti prego, ti prego lasciami.-
Il primo schiaffo la lascia intontita.
Il secondo le arriva diritto sul labbro che inizia a sanguinare. Rivoli caldi le scendono sul mento.
In un attimo lui le è sopra. Lei cerca di graffiarlo, di allontanarlo ma non può. E' troppo pesante. Gli morde una spalla e lui per reazione le sbatte forte la testa sul pavimento. Ora è stordita, si muove appena, sente che lui le stappa gli slip, si apre i pantaloni, libera l'erezione e cerca di penetrarla. Lei ricomincia a muoversi, a lamentarsi ma lui è implacabile, con una mano le divarica le gambe, con l'altra le imprigiona le braccia sopra la testa. La prende così, brutale. Con un solo colpo è dentro di lei. Lei continua a urlare, a chiedere di fermarsi. Singhiozza frasi senza senso e si dibatte sotto di lui, ma questo aumenta solo il piacere di Michele che senza sosta le invade la carne. Una, due, mille volte si muove sopra di lei e poi scosso dall'orgasmo si accascia.
La ragazza chiude gli occhi. Lo sente sfilarsi, armeggiare con i pantaloni. Rumore di passi e una porta che sbatte.

Giulia si sveglia di soprassalto con un dolore lancinante alla coscia. E' sdraiata sul pavimento. Ha un livido enorme dovuto alla caduta dal letto. Per il resto, a parte un indolenzimento generale e qualche contusione, sta bene. Cerca di alzarsi... lacrime di dolore le bagnano le guance.
-Cazzo.- dice.
Lentamente si mette in piedi.
A tentoni si accende una sigaretta e si posiziona davanti allo specchio. Solo la maglietta la copre, per il resto è nuda. Ha le guance arrossate, il mento sporco si sangue, ma il labbro spaccato si sta già rimarginando. Niente lividi visibili, almeno sul volto.
-Che stronzo... e meno male che gli avevo scritto di non rovinarmi il viso!-
Giulia fuma appagata e sorride dolorante all'altra lei riflessa nello specchio.

mercoledì 23 marzo 2011

La prima moglie di Adamo

Succubus deriva dal latino, e significa letteralmente "Giacere al di sotto", ovvero essere sottomessi. Tutto cominciò così...

Quando Dio creò il primo e unico uomo, si rese conto che non era fatto per stare da solo.
Così creò per lui una donna dalla terra. Si, avete letto bene. Dalla terra. Non dalla costola.
La creò così come aveva creato Adamo e la chiamò Lilith.
I due però non erano molto in sintonia e ben presto litigarono. Lei disse che non voleva essere sottomessa da lui. Si, avete letto bene anche questa volta. Lilith non non voleva essere "posseduta". Ogni volta che Adamo la prendeva sulla tenera erba dell'Eden lei cercava di mettersi sopra, di cavalcarlo con tutta la sua passione, di muoversi sul suo membro anziché accoglierlo in silenzio. Adamo però non tollerava che fosse lei a prendere le redini e si rifiutò di toccarla ancora. La donna cercò in tutti i modi di fargli capire che non era giusto, che dovevano essere a pari livello poiché creati uguali, allo stesso modo, entrambi dalla terra. Ma niente servì per convincere Adamo, non riuscivano a trovare un accordo e continuarono a litigare. Quando Lilith si rese conto che Adamo non avrebbe mai cambiato idea, pronunciò il nome di Dio ad alta voce, e volò via.
Adamo stette in piedi in preghiera di fronte al Creatore e disse:
"Dio del Mondo! La donna che Tu mi hai dato mi ha lasciato!"
Dio immediatamente mandò tre angeli per riportarla indietro e disse loro:
"Se lei decide di tornare, riportatela nell' Eden, ma se non vuole, dovete assicurarvi che cento dei suoi bambini muoiano ogni giorno”.
Gli Angeli trovarono Lilith nel mezzo del Mar Rosso e le riferirono la parola di Dio.
Lei si rifiutò di tornare.
Da quel giorno Lilith fu maledetta, e trasformata in Demone.
Così cominciò la leggenda di Lilith e delle Succubi, le sue discendenti.
E poi la storia la sapete, così come è stata sempre raccontata. Adamo volle un'altra moglie a dalla sua costola Dio creò Eva.

E Lilith?

Lilith abita precisamente nel Mar Rosso, ma tutte le notti si leva in volo, gira per il mondo, fruscia contro i vetri delle case dove ci sono dei bambini appena nati e cerca di soffocarli. (...) Altre volte entra in corpo a un uomo e l’uomo diventa spiritato. (...) Poi c’è la storia del seme. È golosa di seme d’uomo, e sta sempre in agguato dove il seme può andare sparso: specialmente fra le lenzuola. Tutto il seme che non va a finire nella matrice della moglie è suo: tutto il seme che ogni uomo ha sprecato nella sua vita per sogni o vizio o adulterio. (Primo Levi)

A volte prende forma umana. Lei si nutre di seme d'uomo, di peccati, di adulterio. Potrebbe essere la vostra amante, la partner di una notte o quella donna che vi affascina così tanto da perdere la testa. Non lo saprete mai.
Lilith ha la capacità di entrarvi nelle vene, di rubarvi il cervello, di creare dipendenza, assuefazione... basta un incontro. Una cavalcata soltanto e il Demone vi resterà nel sangue. Ricorderete in eterno il suo viso, i suoi occhi penetranti, le labbra piene. Bramerete sempre il tocco delle sue mani, le cosce seriche, i seni turgidi, la sua vulva sempre stretta e il suo afrore penetrante.
Vi consumerà il ricordo dell'amplesso perfetto. Dell'orgasmo perfetto. Ci saranno altre donne, altri incontri sudati, ma nessuna potrà darvi lo stesso piacere. Nessuna vi renderà mai pago. Perché solo dentro Lilith vi sentirete completi, consumati, solo dentro di lei troverete la pace, troverete la fine.
Guardatevi intorno uomini. Potreste avere una Succube accanto, toccatela e la rimpiangerete per sempre.

giovedì 17 marzo 2011

Come una bambola


Di schiena ma con la testa voltata verso lo specchio Anna si guarda, si osserva. Niente male. Anna si piace. Sa di essere bella, non ha bisogno di conferme, sa di piacere... non è solo il corpo che attrae in lei. E' il colore, i suoi colori. Anna ha occhi, capelli e ciglia nerissimi che risaltano come fari sulla sua carnagione quasi lattea. Sembra una bambola, una bambola esotica con occhi grandi che brillano. Ancora uno sguardo allo specchio e un sorriso fugace. E' pronta.
Il locale è pieno, fumoso. Domani è un giorno lavorativo, ultra trentenni pieni di alcool e di coca ballano sulla pista come posseduti. Anna si fa largo tra la folla , in molti si girano al suo passaggio. Si appoggia al bancone del bar, sorridendo al barista. Lui la riconosce, lei viene li spesso. Un bicchiere le viene appoggiato davanti, senza che abbia bisogno di ordinarlo. Sorride con gli occhi al giovane e dopo qualche sorso riprende a girovagare.
Anna lo vede. E' appoggiato al muro, sembra stanco. Dimostra tutti i suoi 35 anni, forse qualcuno in più'. Gli si avvicina. Lo guarda. E' un bel tipo, e' vestito in modo sobrio ma costoso. Ben curato. Ad Anna piace, forse e' quel velo di tristezza che lo rende attraente. Gli si avvicina, lui la nota. La guarda. Le sorride. Anna adesso gli e' vicina, si alza in punta di piedi e gli sussurra qualcosa all'orecchio. Lui aggrotta le sopracciglia, sembra stranito, incredulo. Lei sorride, lui e' incerto. Anna non si fa scoraggiare, lo prende per mano e lo guida verso l'uscita di sicurezza.
Fa freddo nel vicolo, un brivido le percorre la schiena e le indurisce i capezzoli.
Lei, appoggiata al muro, continua a sorridere al suo incredulo compagno.
“Non so neanche come ti chiami.” Anna non risponde, non risponde mai, lo afferra per il colletto della camicia e lo avvicina alle labbra. Il giovane non ha bisogno di altri incoraggiamenti. La bacia con foga, le morde le labbra. Lei non si ritrae. Le sue mani sono già sotto la maglietta di lei, non porta il reggiseno, le accarezza i seni piccoli e duri, le tira i capezzoli. La sente gemere sotto le sue labbra. E' eccitato, le spinge il bacino contro, per farle sentire quanto e' duro. Anna ha le mani sulla sua patta, vuole prenderlo in mano.
“No, dai non qui. Andiamo a casa mia, e' vicina”
Anna non risponde. Gli prende la mano e la infila sotto la sua gonna corta.
Lei non porta nulla neanche li'. Lui adesso e' perso. Lei sorride. La sua mano e' subito tra le pieghe, la sente bagnata, calda. Due dita sono dentro, lei agita i fianchi frenetica. Lui le alza la maglia incurante di tutto. Le succhia i capezzoli, li morde fino a farla urlare e intanto con la mano continua a penetrarla. Anna ha voglia di toccarlo, finalmente riesce a liberarglielo dai pantaloni, e' duro. Caldo. Fa scorrere la sua piccola mano su e giù.
“Oddio sei così perfetta... “ Lui le scosta le mani la solleva a gambe aperte e senza esitare lo sbatte dentro.
“E' questo che volevi vero?” Ma Anna non risponde, ma è proprio quello che voleva. Geme, si dimena sotto quelle spinte. Il muro le graffia la schiena ma non e' importante. Lui si ferma. Le piace guardarla perché' adesso che e' cosi' eccitata gli occhi di Anna sono ancora più neri. Sono ancora più grandi. Guardandola fisso, le infila il medio nel buco tra le natiche. Lei sussulta, ma non si ritrae e lui lo affonda di più'. Le scopa il cul0 con il dito mentre e' duro tra le sue gambe. Anna non riesce a stare ferma, si muove a ritmo di quell'invasione e allora lui riprende a spingere, ancora e ancora fino a farla urlare dall'orgasmo e subito viene anche lui.
“Tutto bene? Dio e' stato favoloso...” Anna annuisce, adesso che ha i piedi per terra si sente il sesso gonfio, pieno dei suoi umori e di sperma. Li sente colare lungo la gamba.
“Dai vieni a casa con me, non è ancora mezzanotte...”
Lei annuisce e gli sussurra all'orecchio ha bisogno solo di un attimo per andare in bagno.
Lui la guarda rientrare nel locale in estasi. Che strana ragazza. Non si capacita che una cosa cosi' sia successa proprio a lui. Cosi' bella, con quella pelle perfetta come una bambola preziosa.
Anna è ferma alla fermata. Batte i denti per il freddo e il cappotto non riesce a scaldarla. Ha perso l'autobus, continua a guardare la strada nella speranza di vederlo arrivare, ma sa già che è troppo tardi. E' passata da poco la mezzanotte. Rassegnata prende il cellulare dalla tasca e chiama.
“Bambolina cosa è successo?”
“Niente ho perso il pullman e adesso sono ferma alla fermata. Puoi venire a prendermi?”
“Ecco. Al solito. Te l'avrò detto mille volte di non uscire in settimana...”
“Ma insomma, passi a prendermi o no?”
“Va bene, dieci minuti e sono li”
“Fai in fretta papà... domani c'è scuola.”